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Design Thinking: non è magia, è metodo (ma un po’ di magia c’è)

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C’è questa scena in The Art of Innovation di Tom Kelley (quello di IDEO, non il chitarrista di Van Halen), in cui racconta di un team che deve progettare un nuovo spazzolino da denti per bambini. All’inizio pensano alle solite robe: ergonomia, colori, setole. Poi un designer guarda come i bambini afferrano gli oggetti e scopre che li stringono con tutta la mano, non come gli adulti. BAM! Nasce lo spazzolino con il manico grosso e cicciotto che oggi vediamo ovunque.

Ecco il Design Thinking in azione: osservare, capire, prototipare, ripetere.

“Il problema è che non sappiamo qual è il problema”

Roger Martin, in The Design of Business, dice una cosa che sembra uscita da un meme filosofico: “Non puoi risolvere un problema senza prima definirlo bene”. Lo so, sembra banale. Ma nella realtà lavorativa, quante volte si parte in quarta con una soluzione prima ancora di aver capito la domanda?

Il Design Thinking è il metodo che ci costringe a rallentare per osservare.

Empatia, definizione del problema, idee, prototipi, test. Non è una sequenza rigida, è più un’onda, un respiro, un loop infinito di aggiustamenti e scoperte.

“Fallisci in fretta, impara ancora più in fretta”

Tim Brown, in Change by Design, dice una cosa geniale: “Essere un designer non significa fare cose belle, ma creare soluzioni migliori”.

E per farlo bisogna sbagliare presto e spesso.

E qui viene il bello. Nel Design Thinking, fallire non è un dramma ma un’opportunità. Jeff Gothelf, in Lean UX, racconta di come nei team di prodotto migliori il mantra sia “Costruiamo per imparare”. Fai un prototipo, lo metti davanti agli utenti, raccogli feedback, ripeti.

Creatività: muscolo o dono divino?

Tom e David Kelley, in Creative Confidence, smontano uno dei miti più tossici della nostra epoca: “Io non sono creativo”. Sbagliato. Sei umano? Sei creativo.

Michael Michalko, in Thinkertoys, ci mostra esercizi pratici per allenare il pensiero laterale. Per esempio, ti chiedi: “E se il nostro prodotto fosse un animale, cosa sarebbe?”. Se ti viene in mente una tartaruga, magari è perché è troppo lento. Se pensi a un ghepardo, forse funziona bene ma è difficile da controllare. Queste strambe associazioni aprono porte a nuove idee.

Perché tutto questo ci serve?

Viviamo in un mondo incasinato. Un mondo dove i problemi non hanno una soluzione unica e le vecchie metodologie di business sembrano sempre più obsolete. Il Design Thinking non è un superpotere, ma è un modo per affrontare il caos con metodo e leggerezza.

Come dice John Maeda in The Laws of Simplicity, “Semplice non significa facile, significa essenziale”. E il Design Thinking ci aiuta proprio a trovare l’essenza dei problemi.

Quindi, la prossima volta che affronti un problema, non partire subito con la soluzione. Osserva. Sperimenta. Gioca. Fallisci. Ripeti.

Magari il prossimo spazzolino geniale lo inventi tu. 😎

Betta Cavalieri

@bettacavalieri_grafica

Sono una Visual e UI designer appassionata di business al femminile. Mi dedico allo studio e alla costruzione di brand e servizi, dalla progettazione di loghi allo sviluppo di strategie integrate social e web.

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